Angelo nero

whaexxp3uof4lc2grbmrdy9knjw– Guardami, guardami- e gli occhi di lui si volsero a guardarla rapito da quella soave voce che accarezzava il suo orecchio.

Metà volto di lei era liscio, occhi castani con striature verdi, ciglia lunghe e labbra carnose incrinate in un seducente sorriso. Il tutto incorniciato da lunghi capelli neri che riflettevano la luce fievole della candela vicino alla quale si trovavano. Portava un mantello nero con cappuccio ma non incuteva timore, anzi trasmetteva senso di pace a Constant.

Allungò una mano per toccarla e lei si scostò con grazia, mantenendo sempre ben visibile il lato sinistro del suo attraente volto color del latte.

– Chi sei? – le domandò Constant.

– Chi vuoi che io sia? – disse di rimando la donna senza nome.

Constant protese nuovamente la mano verso di lei che lo guardò intensamente scostandosi ancora, ma allungò la sua mano destra.

Dalla prima occhiata Constant capì che quella mano aveva qualcosa che non andava ma osservandola meglio lo vide: aveva sì cinque dita quella mano, ma non erano ricoperte da pelle e muscoli: solo lunghe falangi stavano per toccarlo.

Constant spalancò gli occhi e cercò di allontanarsi da quelle mani. Fu tutto inutile, era immobilizzato ma non dalla paura, da qualcosa di più forte. Guardò quegli occhi castano-verdi che erano stati così angelici e vi vide un profondo vuoto.

Quegli occhi lo avevano immobilizzato; non era neanche più in grado di proferir parola. Fuori dalla porta della sua stanza sentiva i passi e le chiacchiere allegre delle sue sorelle ma non poté chiamarle né arrivare da loro. Era intrappolato in quella stanza con il suo angelo crudele che lo aveva incantato in pochi secondi con la sua bellezza e la sua grazia e adesso lo aveva incatenato nel suo stesso corpo.

Constant non ricordava come aveva conosciuto quell’angelo né come fosse entrato in casa sua, si erano semplicemente trovati lì. La confusione alimentò la paura, un tremito di terrore sembrò scuotere le sue gambe ma era solo un’ illusione.

L’angelo inclinò il suo volto e la luce la illuminò per intero, rendendo visibile a Constant il lato del viso di lei che prima era rimasto nell’ombra. Ossa furono ciò che vide, bianche ed eteree ma allo stesso tempo così terrene.

L’odore della paura è intenso, acre e riempie l’aria. La stanza di Constant era colma del profumo dolce del terrore. L’angelo si concesse un lungo istante per inspirare tutto ciò che era nell’atmosfera di quella stanza, si nutriva di quegli odori così intensi e gratificanti, erano il suo salario.

Poi riprese il suo lavoro e con le dita ossute toccò il braccio di Constant che parve farsi fuoco. La pelle di lui si sciolse al suo tocco; il muscolo pulsante dell’avambraccio apparve nel suo rosso splendore.

La parte sinistra del volto di lei sogghignò facendo assumere alla bocca un’inclinazione sinistra, la parte destra ospitava un vuoto che per i vivi spettava all’occhio. Denti perfetti al posto delle labbra carnose mantennero la posizione immobile che caratterizza i teschi, nonostante lei stesse sorridendo. Tutto questo rese l’angelo ancor più terrificante. La luce e la bellezza, la morte e l’inespressività.

Il tocco dell’angelo provocò in Constant un dolore mai provato prima, così forte che inibì ogni sua mossa, gli impedì persino di urlare. Cadde una lieve ombra opaca nei suoi occhi. Adesso vedeva la stanza nel suo insieme come se stesse osservando dall’esterno. Non poteva essere lui, non poteva tutto ciò essere capitato a lui. Voleva chiedere il perché di tutto; perché era stato scelto proprio lui tra tutti gli uomini per subire una sì tale tortura. Incontrò l’occhio del suo angelo. Ma non la guardò con timore bensì con curiosità: voleva sapere.

L’angelo di tutta risposta smise ti toccare il suo braccio per concentrarsi sul suo torace, le unghie di lei si allungarono e diventarono artigli sorrise e chiese a Constant:

<< Ti piace Constant, ti piace essere toccato dalle lame? Ti piace essere toccato come tu toccavi loro? Eh? Stanno sorridendo le tue piccole vittime. Posso sentirle, loro sono sempre rimaste con te ma io sono l’unica che può toccarti. Ho la loro memoria, la memoria dei momenti che hanno passato con te finché non li hai finalmente liberati e sotterrati nel giardino qua di fronte. E adesso è il tuo turno Constant. Seguirai la loro stessa sorte.>>

Le lunghe unghie incisero il torace, scavarono la carne e scesero giù fino all’inguine, Constant guardò il suo angelo questa volta con rassegnazione. L’angelo sapeva, era successo solo tre volte, nessuno lo avevo scoperto. Era stato uno sbaglio, stare al parco, i giochi, le urla innocenti. A Constant quelle giornate erano sfuggite di mano, un errore di valutazione. Voleva solo giocare con loro, toccare quelle piccole manine; ma adesso erano sepolti nel suo giardino.

Si perse negli occhi dell’angelo nero. Dalle sue parole sapeva che non c’era via di uscita e forse Constant neanche la voleva. La verità era che nessuno avrebbe potuto salvarlo perché si era già perso molto tempo prima.

A.Borrelli

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